Il tema pensioni in Italia è sempre sulla bocca di tutti: con la Legge di Bilancio 2025 sono previsti incentivi per andare in pensione dopo.
Cosa succede quando l’aspettativa di vita si allunga e il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati diminuisce? Succede che il Governo deve prendere in considerazione alcune misure per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale italiano.
Allo stesso tempo, però, succede che si sollevano proteste e perplessità rispetto a un tema a dir poco caldo: l’innalzamento dell’età pensionabile. Attualmente in Italia questo limite è fissato a 67 anni, ma per il 2025 si sta discutendo di un possibile nuovo slittamento di questa soglia.
La Legge di Bilancio 2025, in effetti, si concentra su alcuni punti fondamentali, non ultima la proposta di destinare una parte del TFR alla previdenza integrativa per gli under 35. Si tratterebbe di una misura volontaria in percentuale del 25%, oppure del 5-10% ma in forma semi obbligatoria. A tal proposito , però, viene da chiedersi qual è il rischio di scontrarsi con la costituzionalità della proposta.
Vi è poi la proposta di destinare dei bonus e degli incentivi a chi decida di andare in pensione posticipata. In particolare si pensa di offrire dei bonus per il pensionamento posticipato ad alcune categorie di lavoratori, ad esempio le forze dell’ordine. Tale iniziativa ricalcherebbe le orme del vecchio bonus Maroni, con cui è prevista una diminuzione del 9,19% dell’aliquota contributiva e, di conseguenza, un aumento dello stipendio netto.
A fare da contraltare a questa proposta, invece, troviamo Quota 41, secondo la quale un lavoratore che abbia maturato almeno 41 anni di contributi potrebbe andare in pensione a prescindere dalla sua età anagrafica. Tale proposta, però, graverebbe enormemente sulle casse dello Stato (si parla di oltre 1 miliardo di euro) ed è per questo che si sta attualmente discutendo della sua versione “light“.
Con quota 41 light la pensione verrebbe calcolata solo su base contributiva e conseguentemente gli assegni pensionistici rischierebbero di diminuire in media del 15-30%. Proprio questo elemento ha suscitato le proteste dei sindacati, in particolare della CGIL, che spingono per la discussione di metodi per andare in pensione anticipatamente ma senza andare a perdere in termini di assegno pensionistico per i cittadini.
Il problema, però, rimane sempre lo stesso: la sostenibilità economica di queste manovre. Sicuramente il Governo dovrà decidere come muoversi, anche nel rispetto dei criteri di costituzionalità.
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