Ormai non passa giorno senza che si parli di pensioni, e di come in futuro saranno sempre più magre. Ma nessuno parla delle possibili soluzioni – e ce ne sono – per rimpinguarle.
In un mondo del lavoro come quello attuale – flessibile, discontinuo, incerto, mutevole – la pensione rischia di diventare sempre più un miraggio. Specie per i lavoratori più giovani, con pochi contributi versati e un futuro che somiglia a un grosso punto interrogativo.
Non tutti sanno, però, che esistono diverse soluzioni per colmare i “buchi” di una carriera lavorativa e aumentare l’importo di quella che sarà un giorno la propria pensione, senza spendere cifre esorbitanti. Vediamole una per una.
La possibilità di aumentare la pensione vale sia per le prestazioni erogate dall’Inps, sia per quelle future. Gli strumenti sono molteplici: si va dal riscatto dei contributi, alla ricongiunzione e al cumulo, passando per il versamento di contributi figurativi e volontari, la pensione supplementare e complementare, le maggiorazioni e le detrazioni. Facciamo un po’ di ordine e chiarezza sul punto.
La “ricetta” per una pensione più sostanziosa
Un caso tipico è quello di chi ha lavorato senza essere in regola o si vede penalizzato perché il datore di lavoro ha “dimenticato” di versargli i contributi. Il rimedio c’è ed è a portata di mano: versare i contributi autonomamente. Inoltre, è possibile riscattare anche altri periodi scoperti da contributi come l’aspettativa, la disoccupazione, il lavoro part-time, il lavoro all’estero, l’astensione per maternità, il servizio civile, la formazione professionale e la laurea. Unico neo: il costo del riscatto, spesso molto elevato.
Chi invece ha contributi versati in diverse gestioni previdenziali, potrebbe aumentare la pensione con la cosiddetta ricongiunzione. In sintesi, si tratta di trasferire e riunire tutti i contributi versati in un’unica gestione, ottenendo in cambio una sola pensione di importo più alto. Il costo può essere quantificato nel 50% della differenza tra l’onere di ricongiunzione e l’ammontare dei contributi trasferiti, con interessi annui di circa il 4,5%.
In linea di massima, è uno strumento piuttosto abbordabile e vantaggioso per il lavoratore. Diverso è il caso del cumulo dei contributi: uno strumento gratuito, con il quale il lavoratore può riunire i contributi versati in casse differenti, in un’unica gestione. La differenza con la ricongiunzione è che ogni gestione paga la propria quota indipendentemente, per cui difficilmente il pensionato riceverà un assegno più alto del normale.
E se il lavoratore non presta servizio, perché è in cassa integrazione, in malattia, in servizio militare, e così via? Ecco che intervengono i contributi figurativi, solitamente (ma non sempre) accreditati d’ufficio dall’Inps. Mentre chi si ritrova con meno anni di contributi rispetto a quelli previsti per accedere alla pensione, può optare per il versamento volontario (ma a un costo piuttosto elevato), ottenendo così la possibilità di accedere al trattamento pensionistico o di aumentarne l’importo. Il tutto previa autorizzazione dell’Inps, e dopo aver maturato almeno 5 anni di contributi, di cui almeno 3 nel quinquennio che precede la presentazione della domanda.
E ancora: c’è la pensione supplementare (che interviene quando il lavoratore che ha versato contributi in più casse non ha abbastanza anni di contributi per ricevere la pensione) e quella complementare (un assegno che va a integrare la pensione ordinaria, previo versamento di contributi integrativi in un fondo privato o dell’intero TFR in un fondo di previdenza complementare). Infine, il nostro ordinamento prevede le cosiddette maggiorazioni (dall’integrazione al minimo al bonus tredicesima) e le detrazioni fiscali, per esempio per familiari a carico (che aumentano l’importo netto della pensione).